di Marco Josto Agus
Tratto dal romanzo di Stephen King, questo film diretto da Kubrick è ambientato in Colorado, sulle Montagne Rocciose e si svolge interamente all’interno dell’Overlook Hotel.
Jack Torrance, interpretato da un Magistrale Nicholson, ha accettato di fare il guardiano di un grande albergo, che durante la stagione invernale resta chiuso e totalmente isolato dal mondo. Accetta l’incarico approfittando della totale tranquillità del luogo anche per terminare il suo romanzo.
Il padrone dell’hotel lo illumina sui possibili problemi derivanti dall’isolamento e soprattutto sulla tragica fine del precedente guardiano che, sconvolto dalla claustrofobia, aveva ucciso moglie e figli togliendosi poi la vita.
Giunto all’Overlook Hotel insieme alla moglie Wendy e al figlioletto Danny, Jack Torrance pare trovarsi a suo agio nell’enorme struttura, dotata di ogni genere di comfort.
Il piccolo Danny, che possiede lo shining, cioè poteri extrasensoriali che gli permettono di vedere ciò che altri non vedono e di comunicare telepaticamente, è a sua volta messo in guardia dal capocuoco Hallorann contro i pericoli che gli avvenimenti del passato rappresentano per lui e la sua famiglia; in particolare viene consigliato di non mettere piede nella stanza 237.
Nell’albergo deserto e isolato dalla neve, Jack manifesta i primi sintomi di squilibrio e d’insofferenza e cerca di distrarsi buttandosi a capofitto nel lavoro, che si riduce però ad un accumulo di fogli nei quali scrive la stessa frase: “Molto lavoro e nessuno svago rendono Jack un ragazzo ottuso!”
Jack comincia ad “incontrarsi” con il defunto Grady, e con altri personaggi del passato, e cade in uno stato d’isolamento e tensione che lo allontanano sempre più dalla famiglia e dalla realtà.
Anche Danny ha visioni sempre più frequenti, in particolare delle due figliolette uccise da Grady, che lo rendono consapevole della minacciosità della situazione.
Wendy, a sua volta, pur non afferrando alcuna presenza estranea, si rende conto del crescente sconvolgimento del marito e tenta di chiedere aiuto per radio, ma Jack distrugge l’apparecchio.
Solo i poteri di Danny possono stabilire una comunicazione con l’esterno: Hallorann ne percepisce i segnali e accorre all’Overlook Hotel, ma viene ucciso da Jack che tenta di ammazzare il figlio e la moglie.
Inseguendo Danny nel giardino-labirinto vicino all’albergo, però, viene ingannato dal bambino e non riesce a trovare l’uscita, finendo per morire congelato.
Con questo film Kubrick voleva decisamente creare una pellicola horror, molto in voga in quegli anni, ma rimanendo fedele al suo stile cinematografico e ideologico.
Ricorre ad elementi tipici della tradizione horror, come l’albergo costruito su di un cimitero, il patto con il diavolo (quando Grady convince Jack ad uccidere la sua famiglia), la necrofilia (Jack in una scena viene sedotto da una donna che poi però si rivela una vecchia putrescente).
Kubrick pone l’accento su questi elementi con occhio estremamente razionale, da spettatore, creando un film per immagini nitide e chiarissime, e per questo ancora più inquietanti.
La consapevolezza del dramma e della paura si ha perché quanto accade è estremamente reale, o potrebbe esserlo potenzialmente, in quanto è un dramma psicologico, derivato dalla follia e dall’isolamento.
Non sono quindi le poche scene esplicitamente horror, quelle cioè dell’omicidio di Hallorann o delle cascate di sangue che inondano l’Hotel, a creare spavento nello spettatore, quanto piuttosto l’estrema tensione psicologica che si respira per tutta la durata del film.
Il nome stesso dell’Hotel, Overlook, che significa vedere, stravedere, pone l’accento su un aspetto fondamentale del film, cioè la capacità di Danny, di vedere oltre la realtà grazie allo shining, che se da un lato rende inquieto il bimbo attraverso visioni di morte e disperazione, dall’altro gli permettono di salvarsi dal padre grazie alla lucidità e alla calma che lo sorreggono nei momenti di estrema tensione.
In quest’ottica Kubrick fa cambiare Danny d’abito ad ogni scena a dimostrazione della sua vitalità rispetto alla morte interiore del padre e successivamente della madre.
E’ senz’altro Danny il protagonista psicologico del film, la chiave di lettura e l’unico capace di salvarsi.
Danny prima di partire per l’Hotel percepisce già che si andrà incontro ad un dramma ma proprio per questo nel momento in cui esso si manifesta è più lucido degli altri nell’affrontarlo. Il dramma di Danny consiste nel non poter far nulla per poter salvare i suoi familiari ed assistere impassibile allo sconvolgente finale.
Il film in quest’ottica si legge anche come una metafora della vita, vista come lotta per la sopravvivenza nella quale soltanto il più forte, in questo caso il più intelligente, esce vincitore. L’arma che Danny userà per sconfiggere il padre invaso dalla furia omicida, sarà proprio quella che il padre ha perso, cioè la lucidità.
Jack Torrance, ex professore di letteratura, appare all’inizio del film come una persona estremamente razionale e sicura di sé e, al contempo, creativa poiché approfitterà del lavoro per ultimare di scrivere il romanzo della sua vita.
Nulla pare sconvolgerlo e poco credito offre alle raccomandazioni del padrone dell’hotel.
Ecco un uomo sembra dirci Kubrick capace di sostenere qualsiasi problema. Ma i problemi che Torrance dovrà affrontare non sono quelli per i quali è stato abituato a combattere, casa, stipendio, professione, famiglia, ma riguardano l’altra medaglia di essere uomo, cioè l’intelligenza e la lucidità psicologica.
Kubrick ci fa comprendere come questi due elementi sono indispensabili per poter sopravvivere nella giungla materiale e psicologica che è la vita, e che mancando l’uno, l’altro prende il sopravvento sconvolgendo la nostra esistenza.
Jack Torrance perderà il lume della ragione, perché si è imbarcato in un’impresa più grande di lui, non considerando tutte le possibili difficoltà derivanti.
Quella con cui viene a scontrarsi e purtroppo a soccombere non è la difficoltà del lavoro di guardiano, per la verità fin troppo semplice, quanto piuttosto la convivenza forzata con se stesso e quindi con la sua mente. L’isolamento forzato, l’eccessivo accanimento nel lavoro logorano psicologicamente Jack Torrance che reagisce in modo violento, scagliandosi sui suoi familiari.
Kubrick però non è così intellettuale da non porre soluzioni concrete a questo problema, ed, infatti, Jack Torrance avrebbe nell’amore della moglie e nell’affetto del figlio le sue chiavi di salvezza. E lo stesso Jack dovrebbe rendersi conto del crescente problema nel momento in cui meccanicamente scrive: “molto lavoro e poco svago rendono Jack un ragazzo ottuso”. La soluzione è lì, sembra dirci Kubrick, a portata di mano. E’ lo stesso Jack ad accorgersene inconsciamente e a scriverlo, ma lo svago non può trovarlo da solo, e la salvezza non è in lui.
A questo punto subentra la figura della moglie-madre Wendy che, oscuramente resta nell’ombra per tutta la durata del film. Moglie poco affettuosa e madre eccessivamente premurosa, Wendy non sa con certezza quale ruolo assumere. Intellettualmente attiva ma non certo geniale, è l’ombra del marito e la gabbia del figlio. Incapace di sorreggere e distogliere il marito ai primi sintomi di squilibrio, quello svago di cui Jack ha bisogno altri non sono che l’affetto e il calore di una donna, e giustamente indifesa di fronte alla violenza fisica del marito, Wendy appare spaesata e totalmente succube degli avvenimenti.
Il suo riscatto finale si ha immolando se stessa per la salvezza del figlio, gesto ultimo e disperato che però non certo semplificherà il futuro di Danny, pur salvandolo.
Ora, sembra dirci Kubrick, il dramma si consuma laddove i ruoli familiari si invertono o si negano, dove l’uomo cogitans cessa di essere tale e cerca di riconquistare il suo primato con la violenza, dove la donna trascurata nega il suo amore all’uomo riversandolo in maniera morbosa sul figlio, e dove Danny privato del suo ruolo di figlio, si salva grazie allo shining.
In questo gioco al massacro, in questa ottica del “mors tua vita mea”, tutti escono sconfitti : Jack muore congelato nel tentativo di uccidere il figlio, Wendy soccombe al marito e Danny, pur salvandosi, affronterà la vita come orfano.
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Tesina di Psicologia dell’Arte discussa con il Prof. Sergio Lombardo per l’esame di Fenomenologia delle Arti Contemporanee, presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, anno accademico 2000/2001.